Arte con la bocca: Marina Ramonda racconta Santina Portelli artista di Abilityart

COME PUÒ NASCERE ARTE DIPINTA CON LA BOCCA

Intervista a Marina Ramonda, nel ricordo di Santina Portelli artista di Abilityart che dipinge con la bocca.

Oggi a Parlarci di una straordinaria artista di Abilityart è Marina Ramonda, amica di Santina con cui ha trascorso decenni della propria vita coltivando con l'artista un rapporto unico ed indissolubile.

Marina, se ti chiedessi di evocare il tuo primo ricordo legato a Santina, quale sarebbe?

Nel tardo anni '80 a Milano, camminavo vicino a casa e notai una donna con un tavolino davanti, seduta nella sua carrozzina. Era spinta da una donna più giovane, bionda, ma fu lei a catturare la mia curiosità. I suoi lunghi capelli castani, che scendevano oltre la vita, e l'espressione fiera, "come quella di un soldato che si appresta alla guerra". Era Santina, anche se all'epoca non lo sapevo.

Santina possedeva una schiettezza, un'empatia e una forza notevoli. Potresti approfondire il suo carattere?

Hai utilizzato tre aggettivi che la rappresentano perfettamente: schiettezza, che a volte poteva risultare irritante; empatica, tanto da captare sensazioni a distanza e prevedere eventi; e infine forza, manifestata nella sua determinazione e nella capacità di perdonare e condividere. Era anche una persona generosa.

La sua storia clinica l'ha messa subito alla prova, ma la sua intelligenza, la sua volontà e la passione che metteva in ogni aspetto della vita l'hanno fatta rinascere due volte. Santina lavorava costantemente sul suo carattere, bilanciando il suo senso di giustizia con la comprensione verso gli altri. Un esempio di ciò è il suo impegno nella stesura di "Convivere con l'handicap", un libro che ha curato per due anni, rendendolo comprensibile anche a coloro che non avevano conoscenze di psicologia. Questo libro è incluso nei programmi di studio di corsi di psicologia e di formazione per insegnanti di sostegno presso l'Università La Sapienza di Roma e l'Università Bicocca di Milano.

Ho sempre avuto la sensazione che Santina fosse in grado di capirti con uno sguardo. Confermi questa impressione?

Sì, esattamente così. Il nostro legame andava oltre. Il nostro rapporto è evoluto in una profonda amicizia fin dall'inizio, e la fiducia reciproca ha creato una comprensione nel linguaggio non verbale. Questo tipo di intesa è stata particolarmente importante durante i suoi ultimi mesi di vita.

Santina non era solo un'artista, ma aveva una laurea in psicologia. Le sarebbe piaciuto intraprendere una carriera basata sulla sua formazione o l'amore per l'arte era troppo forte?

Santina mi raccontò che a 20 anni disse alla direttrice della scuola speciale che frequentava: "Mi piacerebbe studiare!". La risposta della direttrice fu: "Ma perché? Sei già la miglior pittrice della scuola...". La risposta di Santina fu: "Perché non posso fare entrambi?". Questo episodio racchiudeva l'essenza di Santina. Dopo aver ottenuto la laurea in psicologia clinica, Tina ha frequentato due scuole di specializzazione e ha ricevuto l'invito da entrambe a fondare un proprio centro. Tuttavia, dopo aver praticato la psicologia clinica per un po' di tempo, ha scelto la formazione perché sentiva di portare a casa i suoi pazienti, il che non era salutare. Ha trascorso 12 anni impegnandosi in corsi di psicologia dell'Età Evolutiva presso l'Università La Sapienza di Roma e all'Università Bicocca di Milano. In seguito, è stata docente collaboratrice presso l'Università Bicocca, insegnando Psicologia delle Disabilità e dell'Integrazione e partecipando alla Scuola Interuniversitaria Lombarda di Specializzazione per l'insegnamento Secondario. Ha anche svolto volontariato e sensibilizzazione sia per il mondo della disabilità che per i giovani di strada in Guatemala. Santina è stata una pioniera, sia come persona disabile che come figura avanti rispetto alla sua epoca e alla società odierna. Questo le ha concesso la libertà di "scegliere", un aspetto vitale e la vera indipendenza a cui teneva. 

La sua pittura, nel corso di queste esperienze, si arricchiva di contenuti, suggestioni e simboli. Nell'arte, metteva le sue esperienze di relazione, e nella psicologia trovava l'ispirazione per la sua espressione artistica. Così, lo spirito si arricchiva e ogni elemento trovava il suo posto in armonia. Lei stessa ha scritto: "Fin da bambina dipingo con la bocca. Giocavo con i colori, mi sporcavo, li mangiavo come fossero pane. I colori mi hanno sempre affascinato, e il mio desiderio di imbrattarmi è sempre stato insaziabile. Se avessi potuto usare le mani, avrei spremuto i tubetti come se fossero limoni." Prosegue: “Negli anni 70 la mia pittura era una pittura di scontro, uno strumento per comunicare tutti gli stati d’animo che non riuscivo ad esprimere in altro modo, tutta quella parte nascosta, che mi apparteneva e che nessuno riusciva a capire: l’urgenza di fare domande e avere risposte attraverso quadri simbolici, con colori scuri e stridenti e tele fatte di getto. La chiamavo la pittura “di stomaco”. 

L'arte, per te, è stata una forma di terapia per l'anima di Santina?

La vita di Tina e il suo percorso artistico erano strettamente intrecciati. La sua arte rifletteva il suo vissuto e i suoi pensieri profondi. Santina ha sempre cercato di esprimersi e di comunicare attraverso la sua pittura, trasmettendo stati d'animo e riflessioni profonde. L'arte era un mezzo attraverso il quale esplorava e comprendeva se stessa, rendendola una forma di terapia per la sua anima.

Cosa emergeva dalle opere di Santina?

Le opere di Tina erano un insieme di simboli, suggestioni e contenuti. Pur essendo arte figurativa, aveva la capacità di lasciare spazi vuoti affinché chi le osservava potesse completarle con la propria interpretazione. Aveva una profonda considerazione per l'osservatore e credeva che l'arte dovesse essere una comunicazione condivisa. Nelle sue opere emergeva una profonda sensibilità e un desiderio di stimolare riflessioni, comunicando messaggi spesso complessi attraverso l'uso di colori e simbolismo.

Hai qualche aneddoto divertente o particolare sulla personalità di Santina da condividere?

Santina aveva un senso dell'umorismo unico e un'ironia tagliente. Era in grado di cogliere l'aspetto leggero della vita anche nelle situazioni più complesse. Spesso creava situazioni divertenti o trovava modi originali per affrontare la quotidianità. Un aneddoto che mi viene in mente è quando ha organizzato una festa a sorpresa per un mio compleanno, coinvolgendo tutti i presenti in uno scherzo che è diventato un momento indimenticabile.

Ti va di raccontarci come è avvenuto il primo incontro con Santina? 

Era gennaio: “Buongiorno sono qui per l’inserzione su Secondamano, volevo sapere quale sarebbe il lavoro?” dissi, fingendo una sicurezza che non avevo, e di certo dovevo trovare lavoro e casa entro sera. Tu dalla tua carrozzina mi avevi sorriso, tua madre vicino a te iniziò a farmi le giuste domande di un colloquio di lavoro: ”Serve una persona per l’assistenza fisica a mia figlia, che è tetraplegica spastica, lei ha già fatto questo lavoro?” Io dissi: ”No” Lei: “Ma non ha mai assistito nemmeno un familiare?” “Persi tutti presto”, dissi. “Sa fare le punture? No. “Sa guidare? No. “Sa fare le pulizie di casa? Perché dovrebbe fare anche quelle, dopo aver assistito mia figlia Tina” Io: ”Mah! Ho pulito il mio monolocale, ma direi che non ho esperienza di grandi appartamenti” Lei: ”Sa cucinare?”, ed io: ”cose semplici”. Ormai mi accingevo ad alzarmi, era evidente che non ero all’altezza del lavoro, soprattutto non avevo l’esperienza necessaria. Tua madre disse rivolgendosi a me: “Aspetti” e subito dopo guardandoti: “L’abbiamo trovata!”, sentii un “Si!” provenire dalla tua parte con accanto un sorriso. Dentro di me, guardandoci pensai, “siamo proprio matte tutte e tre!” Così iniziò l’avventura di questa quotidiana amicizia straordinaria fra Marina e Santina, fra me e lei: era il 16 gennaio 1981, l’anno dell’handicappato ovvero “era destino”.

Una domanda che sto facendo a tutti i suoi colleghi dell'associazione è: in quale periodo artistico ti piacerebbe rinascere? Cosa credi che risponderebbe Santina?

Penso che a Tina piacerebbero quelli del futuro, nonostante si sentisse una donna tradizionale, era inesorabilmente curiosa di quello che ancora si doveva scoprire. Intuiva negli astrattisti chi era valido e chi no, ma non te lo so spiegare.

Quali erano gli interessi di Santina oltre la pittura?

In parte ti ho già risposto in precedenza, anche lei, in quella passata intervista con te, ti rispose che a lei piacevano le persone, la relazione, l’incontro ed era molto generosa: di tempo, di pazienza, della sua preparazione, doveva “fare” qualcosa per la gente che incontrava sul suo cammino, se attraverso lei le persone stavano meglio, era felice. Ma anche a provare ricette in cucina… non scherzava. Naturalmente avrei esempi a non finire…

Cosa ha creato fra te e Tina il legame che vi ha contraddistinte?

Ci siamo riconosciute, la prima volta che ci siamo viste per il colloquio di lavoro io notai come Tina mi guardasse in profondità, non mi vedesse soltanto. Lei successivamente mi disse che le era piaciuta la mia sincerità “su cui si può solo migliorare". Tina mi è sempre interessata come persona, al di là dell’eccezionalità del suo talento, e questo a lei faceva molto piacere. Siamo state anche molto fortunate nell’avere molti aspetti in comune: il modo di vedere la vita e i rapporti umani, anch’io come lei ho sempre tenuto alto il valore dell’amicizia al pari di quello dell’amore, l’interesse per chi è fragile, l’amore per la natura, anch’io avevo fatto degli studi di psicologia a Padova, mi piaceva la pittura e l’arte in genere, ma non avendo talento mi buttai sulla fotografia e sulla poesia. Non ultima la passione per la cucina che creò un asse Lombardo-Siculo tra i fornelli. A tutto ciò si è aggiunta una grande fiducia e conoscenza nel vivere. Stare in una vita costantemente assieme non era facile, richiedeva impegno, tempo, chiarimenti, comprensione, ma avevamo molto rispetto l’una dell’altra e ciò ci faceva andare a cercare punti d’incontro anche dopo scontri accesi. Il senso dell’umorismo e l’ironia di entrambe ci ha molto aiutato. Quando raggiungemmo una forte simbiosi fummo consapevoli che era stata una scelta, avevamo messo in campo ognuna le proprie risorse. La competizione era per noi una stupidata.

Che artista era Santina? Qual era il suo metodo con quale si approcciava alla tela?

Ci sono due quadri presenti nell’attuale mostra “In viaggio…” che potrebbero rispondere a questa domanda: uno si chiama “I miei perché” ed uno “Ispirazione” che Abilityart ha scelto per riprodurre biglietti. Nel primo Tina ha dipinto una tela rovesciata su un pavimento molto particolare, e una figura in disparte, di spalle, come un’ombra nell’angolo dell’opera, che pare osservare… a lei pareva chiarissimo il significato e rappresentava bene il suo primo periodo. “Ispirazione” invece è un acquarello fatto almeno 35 anni dopo, in primo piano una bellissima composizione di fiori in vaso e sullo sfondo una tela girata, dove anche qui si vede solo il telaio. Tina mi disse che rappresentava lo smarrimento dell’artista nel momento della creazione, nessun pittore può emulare la natura, questa consapevolezza fa paura all’artista davanti alla tela bianca, e girandola, rimanda quel momento. 

Penso che di aneddoti su Santina ce ne siano a volontà. Ti andrebbe di raccontarcene uno divertente o peculiare della sua personalità?

Ce ne sarebbero un’infinità, piccoli, grandi, buffi e significativi. Forse con gli anni Tina ha maturato un equilibrio che solo adesso, a distanza di un anno dalla sua morte, sono in grado di razionalizzare.

Domande secche su Santina: colore preferito, film preferito, genere musicale ed artista preferito.

Tutte le gradazioni del viola, colori decisi ma non aggressivi come giallo indiano, terra bruciata, terra di Siena, verde smeraldo, turchese, i rossi come lacca di garanza, porpora, bordeaux con carattere. Si definiva il pervinca di Abilityart. A lei piaceva “inventare i colori”. Amava più il teatro che il cinema, ma prediligeva pellicole con belle sceneggiature e ispirate a storie di vita reali. Le piaceva la musica italiana, in particolare Morandi e Celentano, aveva un’ottima memoria e quando viaggiavamo insieme con il nostro Ducato rialzato io cantavo e lei mi suggeriva il testo. Era appassionata dei Macchiaioli, ma in modo viscerale di Turner, tanto che volle vedere al cinema la sua biografia e mi disse “un pittore che si fa legare all’albero di una nave durante una tempesta, per capire cosa si prova sentendo il vento e la pioggia sul proprio corpo, prima di dipingerlo, ha tutto il mio rispetto”. 


 

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